Svizzera: tramonto di un segreto vecchio tre secoli
Bruxelles ha messo la parola fine al segreto bancario
FTA Online News, Milano, 15 Mar 2016 - 10:06
Il 19 dicembre 2015 la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della Ue dell’accordo raggiunto nel precedente mese di maggio tra la Svizzera e Bruxelles ha messo la parola fine al segreto bancario che per quasi tre secoli ha fatto della Confederazione elvetica un paradiso dei “risparmiatori”. La peculiarità della Svizzera risale infatti al 1713, quando il Grand Conseil di Ginevra (il Parlamento cantonale) adottò un codice di segretezza che impediva alle banche di divulgare informazioni sui conti ad altri che non fossero i correntisti stessi. Bisognerà attendere fino al 1934 perché, con l’approvazione delle normative bancarie federali, il reato passi dal civile al penale. Modifica che arriva in scia alla Grande Depressione partita dagli Usa nel 1929 e che aveva avuto tra i suoi effetti l’avvio di campagne durissime contro l’evasione fiscale nei Paesi europei. In Germania il mantenimento di capitali in Svizzera poteva essere addirittura punito con la morte e il governo nazista prima di avviare la “soluzione finale” iniziò la persecuzione degli ebrei proprio a partire da accuse di “evasione fiscale”. E quindi la legge del 1934 non fu che il rafforzamento della neutralità della Svizzera proclamata nel 1815.
I tempi cambiano ma gli eventi si ripetono ciclicamente: l’attacco al segreto bancario elvetico è arrivato dopo un’altra Grande Depressione, la crisi dei mutui subprime, iniziata ancora una volta in Usa nel 2008. E proprio da Washington sono partite le cannonate che hanno fatto vacillare il muro della segretezza. Se è vero che diversi Paesi europei, a partire dalla Germania, hanno messo sotto pressione negli anni scorsi le banche elvetiche per rivelare i nomi dei loro cittadini titolari di conti in Svizzera (anche ottenendo risultati significativi per quanto parziali), il punto di svolta è il patteggiamento siglato nel maggio 2014 da Credit Suisse con le autorità di Washington: il colosso bancario elvetico ha pagato complessivamente 2,8 miliardi di dollari di sanzioni a U.S. Department of Justice, New York State Department of Financial Services, Federal Reserve e Sec. Credit Suisse non è stata la prima banca svizzera a rimanere coinvolta in vicende del genere (Ubs aveva fatto altrettanto nel 2009), ma è la portata economica del patteggiamento e la sua esposizione mediatica a farne una vera pietra miliare.
A partire dal 2018 tutto ciò sarà storia. Da allora, infatti, come previsto dall’accordo con Bruxelles i Paesi della Ue e la Svizzera si scambieranno in automatico (e su richiesta delle singole autorità) le informazioni sulle transazioni finanziarie. Accordo che ovviamente riguarda anche l’Italia, che lo aveva “ufficializzato” a inizio 2015 e rafforzato con la più recente intesa sui lavoratori transfrontalieri. Un percorso che comunque la Svizzera aveva dichiarato di volere intraprendere già nel 2013, dicendosi pronta a sottoscrivere l’accordo internazionale promosso dall’Ocse. E infatti nel novembre del 2014 è diventato il 52esimo Paese ad aderire al Multilateral Competent Authority Agreement finalizzato alla condivisione automatica delle informazioni finanziarie, come previsto dallo Standard for Automatic Exchange of Financial Information in Tax Matters.