AcomeA SGR - Nuova vita per la difesa e l'energia nei fondi ESG?
Fino ad oggi gli investimenti ESG sono stati basati sul “mondo che avremmo voluto avere” invece che sul “mondo che realmente abbiamo a disposizione”.
AcomeA, 09 Mag 2022 - 11:50
La tragica situazione ucraina ha scioccato il mondo intero ed è stata una doccia fredda sotto tanti punti di vista. In questo scenario gli investitori stanno ricalibrando le loro aspettative su due temi in particolare: la globalizzazione e la sostenibilità. Per quanto riguarda la prima si torna a parlare di “reshoring” e controllo della catena di produzione. Per quanto riguarda la seconda, invece, gli investitori di tutto il mondo stanno iniziando a fare i conti con l’aver applicato strategie di investimento idealistiche e non realistiche: fino ad oggi gli investimenti ESG sono stati basati sul “mondo che avremmo voluto avere” invece di investire con “il mondo che realmente abbiamo a disposizione”. Questa tematica la si può vedere in concreto sugli investimenti in due settori controversi come il settore Difesa&Aereospazio (D&A) ed il settore Energetico.
SETTORE DIFESA&AEREOSPAZIO
Da sempre uno dei maggiori settori esclusi dai Fondi ESG. Anche una minima parte di ricavi provenienti da questo settore ne determina automaticamente la non investibilità. Nel grafico che segue vediamo il patrimonio in fondi ESG europei (miliardi di euro) e quanti di questi sono allocati in fondi con nessuna esposizione alla sola Difesa o alla D&A:
Fonte: Morningstar, AcomeA, Marzo 2022
Dal grafico emerge che circa il 60% degli AUM ESG non ha alcuna esposizione alla difesa e il 40% non ha alcuna esposizione alla D&A. Questo vuol dire che gran parte dei fondi ESG adotta un criterio di esclusione settoriale depennando dai radar tutti i titoli che ricadano in questo settore (o nella Difesa) senza fare distinzione tra cosa producono, come lo producono, dove lo producono.
L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha però portato alla luce questa criticità. Infatti, la SEB, una delle principali banche Svedesi con forti politiche di investimento ESG, ha deciso di rivedere i suoi criteri di investimento. Dal primo aprile, sei dei suoi fondi potranno investire nel settore della Difesa, portando quindi il dibattito sul “si” “no” difesa nei portafogli ESG ad un livello superiore. Siamo quindi all’inizio di un cambio strutturale di approccio?
SETTORE ENERGETICO
Nel settore energetico troviamo due strade differenti: rinnovabili top winner, nucleare e petrolio top loser. Negli ultimi anni quindi l’equazione ESG=rinnovabili è stata la più comune, senza prendere in considerazione le valutazioni e i multipli dei titoli. Questo ha determinato un’ottima performance del settore (complice anche il livello di tassi favorevoli a questo tipo di investimento) a discapito del comparto petrolifero. A questo punto però ci si inizia a domandare, in base all’obbiettivo di decarbonisation totale e alla chiusura delle centrali nucleari, quanta parte di energia generata potrà essere assorbita con le sole rinnovabili?
Fonte: BNEF, AcomeA
Dal grafico sopra vediamo che, in Francia e Germania, le rinnovabili non compensano neanche la metà della power generation persa dalla dismissione del nucleare. Come se non bastasse la crisi Ucraina ha portato all’attenzione un altro tema cruciale: la dipendenza dell’Europa dal gas russo. Come conseguenza sono tornate in funzione le centrali a carbone e si inizia a ripensare agli obbiettivi di Zero Carbon Emission per essere più realisti e meno idealisti. In questo contesto le aziende petrolifere acquisiscono un nuovo ruolo centrale e strategico per i Paesi, così come torna vitale un’accurata programmazione nazionale basata sulla diversificazione e sull’indipendenza energetica, tutti obbiettivi non raggiungibili con le sole rinnovabili.
CONCLUSIONI
Il Covid e l’invasione dell’Ucraina stanno modificando in modo repentino l’ambiente che ci circonda. Di pari passo con questi sconvolgimenti bisogna essere reattivi e ridefinire le priorità e le linee guida degli investimenti: in questo contesto la sostenibilità acquisisce caratteri strategici per le economie e per i vantaggi competitivi aziendali. Il pieno controllo della catena di fornitura così come la possibilità di avere siti produttivi in Paesi non controversi o non a rischio, non è più un dettaglio ma un requisito fondamentale. Cruciale è anche avere una politica di investimento ESG che ragioni con il mondo che abbiamo a disposizione e non con quello che vorremmo avere. Il primo è la base per raggiungere il secondo, non viceversa. Vanno quindi implementate maggiori analisi dettagliate e maggiore engagement da parte dei fondi ESG, a discapito della mera esclusione a monte di un’intera industria.
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