
Difesa, PwC: in Europa spesa Paesi Nato destinata a crescere tra il 53% e il 65% nei prossimi anni

Lo studio individua inoltre i cinque principali ostacoli da superare per arrivare ad una difesa comune europea: sovranità nazionale, cioè il timore di alcuni Stati di perdere il controllo sulle proprie forze armate; il ruolo della NATO e la necessità di maggiore chiarezza nella relazione tra difesa europea e Alleanza Atlantica per evitare sovrapposizioni; la frammentazione industriale; la dipendenza dagli USA; differenze operative e culturali dato che le dottrine militari nazionali non sono ancora pienamente integrate.
"L'attuale scenario geopolitico segna un punto di svolta per la sicurezza dell'Europa, con i teatri operativi che si sono spostati ai confini dell'Unione e il mutamento delle geometrie delle alleanze internazionali, mettendo di fatto fine all'era del ‘Peace Dividend'. Oggi questa dinamica non è più sostenibile", ha commentato Cesare Battaglia, Partner PwC Italia, Aerospace Defense & Security Leader. "Il quadro globale è in rapida evoluzione: le alleanze si stanno ridefinendo e gli Stati Uniti non hanno più lo stesso interesse strategico a garantire la sicurezza dell'Europa con investimenti e sovvenzioni come in passato - ha aggiunto Battaglia - Di fronte a queste nuove sfide, l'Europa deve ripensare in modo strategico la propria spesa per la difesa, adottando misure straordinarie che abbiano un impatto immediato e promuovano un incremento degli investimenti da parte dei singoli Stati membri e delle istituzioni europee. Ma non basta aumentare i budget: è fondamentale adottare un approccio più integrato e innovativo nell'utilizzo delle risorse, superando inefficienze e frammentazioni che oggi indeboliscono la capacità di risposta comune".
Per comprendere la situazione attuale della difesa europea è necessario fare riferimento alla costante diminuzione della spesa militare in percentuale del PIL che si è registrata dal secondo dopo guerra a oggi. Se nel 1960 la maggior parte dei Paesi europei destinava il 4% del proprio PIL alle spese per la difesa, nel 2020 la percentuale è scesa fino all'1,5%. L'attuale panorama geopolitico ha sollevato importanti preoccupazioni per la sicurezza globale. La dipendenza dall'approvvigionamento da fornitori esterni da parte dell'Europa, in particolare dagli Stati Uniti, ha evidenziato l'impreparazione dell'industria della difesa europea.
La sicurezza è diventata una priorità per i governi europei, con la Germania che ha stanziato un fondo straordinario per il riarmo da 100 miliardi di euro e la Francia prevede un incremento del 40% del budget militare tra il 2024 e il 2030. Complessivamente, in Europa, la spesa per la difesa nei Paesi NATO è destinata a crescere tra il 53% e il 65% nei prossimi anni. Tuttavia, l'Unione Europea rimane fortemente dipendente dagli Stati Uniti, che coprono oggi il 70% della spesa totale della NATO, lasciando il continente in una posizione di vulnerabilità e dipendenza strategica.
Gli Stati Uniti chiedono oggi ai Paesi europei di assumersi una maggiore responsabilità per la propria sicurezza, in un'ottica di condivisione degli oneri. Questo principio si basa sull'ambizione di creare un quadro di difesa europeo coeso e capace, che consenta agli stati membri dell'UE di affrontare collettivamente sfide di sicurezza, migliorare la loro prontezza operativa e garantire l'autonomia strategica dell'Europa, con l'obiettivo finale di rafforzare il ruolo dell'UE all'interno della NATO, sviluppando al contempo la capacità di agire in modo indipendente quando necessario.
La decisione dell'Unione Europea di avviare il programma "Rearm Europe" rappresenta un passo fondamentale verso una maggiore autonomia strategica per il continente. Con un investimento complessivo di 650 miliardi di euro, il piano risponde alle attuali sfide di sicurezza. La cooperazione industriale, l'innovazione tecnologica e l'incentivazione della produzione interna sono elementi chiave che permetteranno all'Europa di ridurre la sua dipendenza dalle potenze esterne e di affrontare le minacce globali con maggiore determinazione.
Oltre alle minacce convenzionali, aumentano quelle derivanti dalle guerre ibride, con attacchi informatici alle infrastrutture critiche, la diffusione di disinformazione e propaganda per manipolare l'opinione pubblica. Le minacce derivanti da questa strategia sono molteplici e coinvolgono frequentemente sia attori statali sia non statali. Il cyberattacco del 2022 ai satelliti Viasat, i sabotaggi ai gasdotti nel Mar Baltico e l'aumento delle minacce informatiche dimostrano l'urgenza di una risposta coordinata.
(Teleborsa) 17-03-2025 11:43