Cosa causa l'inflazione?
Nell’Eurozona l’inflazione resta sotto il target della BCE, di poco inferiore al 2%, e nelle pubblicazioni finanziarie che seguiamo regolarmente abbondano le spiegazioni e le soluzioni di politica economica.[i] Per aiutarvi a capire la situazione, vi forniamo una guida sull’inflazione e su cosa la determina.
L’inflazione è un aumento dei prezzi nell’intera economia.
Per misurare i prezzi a livello nazionale, gli statistici usano un paniere rappresentativo di beni e servizi al consumo e ne aggregano i prezzi su base mensile in un indice dei prezzi al consumo (IPC). La variazione percentuale anno su anno è il tasso d’inflazione annuale. Quando parla di inflazione, spesso la stampa usa questo parametro, ma l’IPC e altre misure nazionali non rispecchiano necessariamente il costo della vita per voi. Le spese dei singoli individui variano in funzione di numerosissimi fattori, dal luogo in cui vivono al tipo di servizi che utilizzano, e queste categorie possono evidenziare tassi d’inflazione molto diversi.
Le autorità generalmente auspicano un’inflazione stabile e moderata.
Un’inflazione troppo elevata potrebbe causare un surriscaldamento dell’economia e una perdita di potere d’acquisto per le famiglie. Un’inflazione troppo bassa o negativa (deflazione) potrebbe invece segnalare una contrazione dell’offerta di moneta o il fatto che il capitale non raggiunge le società e le famiglie che ne hanno bisogno. Come la storia dimostra, ciò può essere deleterio per la crescita economica.
Cosa causa l’inflazione?
Come sintetizzato da Milton Friedman, economista presso l’Università di Chicago: “L’inflazione è causata dalla troppa moneta a caccia di troppo pochi beni”.[ii] Per moneta si intende generalmente l’offerta di moneta, che può essere misurata in diversi modi. L’aggregato monetario più ristretto è la base monetaria, che comprende le riserve bancarie, le banconote e le monete metalliche in circolazione. Le banche centrali hanno un’influenza diretta su questo aggregato. Tuttavia, l’offerta di moneta in senso ampio comprende tutto ciò che può fungere da moneta, tra cui i depositi bancari, i fondi comuni monetari e i titoli di debito a brevissimo termine, come i commercial paper. Il sistema finanziario crea moneta in senso ampio attraverso il meccanismo del credito.
Come funziona? Attualmente la BCE dispone che le banche detengano almeno l’1% dei loro crediti sotto forma di riserve. Ciò significa che su 100 euro in deposito presso una banca, quest’ultima può concederne in prestito 99. Questa attività di prestito immette nell’economia nuovo denaro che le persone possono depositare e le banche possono utilizzare per garantire ulteriori prestiti, ripetendo il processo. La moltiplicazione dei prestiti ha un ruolo fondamentale nella velocità di circolazione della moneta, ossia la “caccia” nella definizione di Friedman. Quando i prestiti bancari abbondano, spesso l’offerta di moneta e la sua velocità di circolazione accelerano, il che può alimentare rapidamente l’inflazione se la produzione di beni e servizi non tiene il passo.
Pertanto, alla domanda “cosa causa l’inflazione?” possiamo associarne un’altra: “cosa causa l’accelerazione della crescita dei prestiti?”. A nostro avviso, la determinante principale è lo spread tra i tassi d’interesse a breve e a lungo termine, ossia la curva dei rendimenti. Le banche hanno costi di finanziamento, che sono i tassi d’interesse a breve termine, mentre i loro ricavi derivano dall’addebito di tassi d’interesse a lungo termine sui prestiti alle famiglie e alle imprese. Lo spread tra di essi rappresenta quindi il margine di profitto delle banche. Quanto più lo spread (e la pendenza della curva dei rendimenti) aumenta, tanto più le banche sono incentivate a erogare credito. Tuttavia, se i tassi a lungo termine restano inferiori quelli a lungo termine per troppo tempo, l’erogazione di prestiti può interrompersi, provocando un arresto o un calo dell’offerta di moneta e, di conseguenza, un possibile blocco della crescita economica.
A nostro avviso, alcune note teorie sull’inflazione non stanno in piedi.
Alcuni analisti che seguiamo citano la curva di Phillips, che collega la disoccupazione all’inflazione. Secondo questa teoria economica, il basso tasso di disoccupazione si traduce in aumenti dei salari, costringendo le aziende ad alzare i prezzi per compensare tale costo. Ciononostante, come Friedman una volta ha spiegato, questa teoria non prende in considerazione la tendenza dei datori di lavoro a tenere conto dell’inflazione nei salari versati.[iii] Anche la storia smentisce la curva di Phillips, poiché negli anni ‘70 si sono osservate simultaneamente un’inflazione alle stelle e una disoccupazione elevata.
Per alcuni la causa ultima dell’inflazione sono i disavanzi pubblici, questi ultimi, da soli, non accrescono l’offerta di moneta. Possono incrementare la velocità di circolazione della moneta se sono ascrivibili a un aumento della spesa pubblica, ma, a meno che i governi e le banche centrali non “monetizzino” il nuovo debito stampando moneta per acquistarlo e ritirarlo dal mercato, non si registra un incremento netto dell’offerta di moneta. Il Giappone ha disavanzi di bilancio da decenni con un’inflazione prossima allo zero. Altri pensano che la colpa sia delle impennate dei prezzi dell’energia. Un breve sguardo alla storia smentisce, però, anche questa idea; i prezzi del petrolio sono saliti vertiginosamente nel 2008 e ancora una volta nel 2011, ma senza che si osservasse un rapido aumento dell’inflazione a livello globale.
Cosa può fare la BCE per risolvere il problema della bassa inflazione?
Crediamo che la BCE possa alleviare parte delle pressioni sugli spread già ristretti dell’Eurozona, che apparentemente rendono le banche meno propense a erogare prestiti. A nostro avviso, saltano agli occhi due problemi che la BCE considera soluzioni: da un lato, il quantitative easing (QE), ossia il programma di acquisti titoli a reddito fisso dell’istituto, volto a ridurre i tassi d’interesse a lungo termine e a stimolare la domanda interna, e, dall’altro, la politica di tassi d’interesse negativi.
Il QE contribuisce a deprimere i tassi d’interesse a lungo termine e ad appiattire la curva dei rendimenti. La sua conclusione dovrebbe consentire ai tassi d’interesse a lungo termine di salire, facendo aumentare la pendenza della curva dei rendimenti e incoraggiando l’erogazione di prestiti, che stimolerebbe poi l’inflazione. La politica di tassi d’interesse a breve termine negativi della BCE ha distorto la redditività senza incoraggiare la concessione di credito.[iv] I tassi negativi puntano a incentivare i prestiti, ma la maggior parte delle banche evita comunque di erogarli se non viene adeguatamente ricompensata: in pratica, sembra che la BCE non stia facendo altro che tassare la liquidità delle banche. Anziché concedere prestiti, le banche hanno trovato altri modi per evitare questo costo, come acquistare titoli a reddito fisso (deprimendo ulteriormente i tassi a lungo termine) o effettuare addebiti sui depositi, al momento perlopiù su quelli dei grandi clienti istituzionali.
I futuri interventi della BCE sono un’altra incognita, ma le banche centrali che hanno concluso il QE, come la Bank of England e la Federal Reserve statunitense, hanno in seguito osservato un’accelerazione dei prestiti bancari. Ciò detto, il QE e i tassi negativi dell’istituto di Francoforte non hanno arrestato la crescita dei prestiti, che nell’Eurozona è proseguita su base annua dal maggio 2015.[v] Tuttavia, riteniamo che queste politiche siano inutili ostacoli, oltre che una causa importante all’origine del mistero che circonda il calo dell’inflazione nell’Eurozona.
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[i] Fonte: Eurostat, 15/01/2020. L’inflazione dell’indice dei prezzi al consumo a dicembre 2019 si attestava all’1,3% a/a.
[ii] “Milton Friedman in His Own Words”, University of Chicago, 09/11/2012. https://mfidev.uchicago.edu/about/tribute/mfquotes.shtml
[iii] “The Role of Monetary Policy”, Milton Friedman, American Economic Review, marzo 1968. https://miltonfriedman.hoover.org/friedman_images/Collections/2016c21/AEA-AER_03_01_1968.pdf
[iv] “Do Negative Interest Rates Explain Low Profitability of European Banks?” Nicholas Coleman e Viktors Stebunovs, Federal Reserve, 29/11/2019. https://www.federalreserve.gov/econres/notes/feds-notes/do-negative-interest-rates-explain-low-profitability-of-european-banks-20191129.htm
[v] Fonte: Banca Centrale Europea, al 28/11/2019. Prestiti al settore privato, maggio 2015-ottobre 2019. https://www.ecb.europa.eu/press/pr/stats/md/html/ecb.md1910~e5b0eb91d2.en.html