Responsabilità Sociale d’Impresa - Parte prima
L'etica e il risultato economico
FTA Online News, Milano, 20 Mar 2006 - 11:27
Parte prima | Parte seconda
Un’avvertenza iniziale è doverosa. Parlare di responsabilità sociale d’impresa o Corporate Social Responsibility non è semplice come dare un quadro preciso, pur con tutte le sfumature possibili, di cosa sia un’obbligazione o un fondo d’investimento. Affrontiamo una tematica che ormai ha assunto le sembianze di una vera e propria disciplina di studio, che si intreccia con i campi dell’etica e della giustizia, ed è intimamente connessa al sistema di produzione capitalistico.
Dato che se ne parla ancora poco al di fuori degli ambienti accademici (certo non è un tema che viene trattato dai mass media) molti crederanno erroneamente che etica non possa andare di pari passo con risultato economico, anzi che voglia dire rinuncia al profitto, spirito di sacrificio per un fantomatico “interesse comune”. Non è così, anzi: ricerche e trattati sono tesi a dimostrare che si tratta di un investimento che garantisce prosperità nel lungo periodo, opponendo alla pratica diffusa del “tutto e subito, non importa come” un progetto di sostenibilità, ossia di conciliazione di obiettivi sociali, economici ed ambientali. Molte grandi imprese, partendo dal mondo anglosassone (dove successo imprenditoriale ed impegno benefico sono legati da sempre) ne sono convinte o si stanno convincendo, alla luce di un mercato globalizzato ipercompetitivo.
Connesso a ciò, chiariamo un dubbio alimentato dall’espressione stessa “responsabilità sociale d’impresa” (ed in effetti molti studiosi insistono per tramutarla in “responsabilità d’impresa”): fare filantropia, devolvendo una percentuale delle vendite o effettuando sponsorizzazioni, non significa essere responsabili, anche se esprime attenzione per la comunità.
Altro mito da sfatare è l’idea che la responsabilità sociale d’impresa sia legata all’attuale società globalizzata. In realtà, l’impresa, vista come sistema di persone che interagiscono per perseguire obiettivi di profitto e di continuità nel tempo, ha una natura sociale, si trova a dover rispondere ad aspettative provenienti da diverse categorie di interlocutori.
L’idea che essa stipuli con la società una sorta di contratto implicito, che la legittima ad agire solo nel rispetto reciproco, si scontra da sempre con un’opposta visione: l’impresa deve preoccuparsi solo di aumentare profitto, nei limiti della legalità.
Negli Stati Uniti, nel corso degli anni ’30, le perplessità “deontologiche” che accompagnano da sempre le scelte dei businessman cominciano a trovare una prima formalizzazione. Solo a partire dagli anni’50, però, con lo sviluppo delle grandi corporate e l’aumento della loro sfera d’influenza, il dibattito comincia ad infiammarsi. Il vecchio continente si interessa ufficialmente a partire dal 1995, ma ciò non significa che il concetto fosse estraneo, anche se non era definito in questo modo. Pensiamo all’esempio delle grandi famiglie industriali italiane, come gli Olivetti o i Crespi, che si sono occupate della qualità della vita degli operai: già allora non era solo una questione di buon cuore, quanto di gestione lungimirante.
Il Libro Verde della Commissione europea del 2001 definisce la responsabilità sociale d’impresa come “l’integrazione su base volontaria, da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali e ambientali nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”. La volontarietà come punto essenziale: le imprese deve scegliere volontariamente di andare oltre il semplice rispetto della legge. Il dubbio, tuttora irrisolto, è se l’incentivazione del comportamento responsabile richieda o meno una cornice normativa ben definita.
L’impresa è una realtà fatta di persone, e la sua personalità giuridica le attribuisce responsabilità, indipendentemente dalle dimensioni o dal settore di appartenenza. Essa deve essere interpretata come una visione d’insieme, un modello nuovo di fare impresa che punti alla sostenibilità del business riuscendo a conciliare profitto economico con il rispetto per le esigenze degli interlocutori, interni ed esterni, dell’azienda.