Morningstar - Aziende lontane dal target Net Zero 2050
Un nostro recente studio rivela che se la traiettoria di decarbonizzazione andrà avanti al ritmo attuale, la temperatura globale crescerà di circa 3 gradi. Sono lontane dal target Net Zero 2050.
Morningstar, 27 Giu 2023 - 09:26
Se le più grandi aziende italiane quotate a Piazza Affari (indice FTSE Mib) proseguissero lungo l’attuale traiettoria di transizione low carbon e l’intera economia globale si muovesse nella stessa direzione, non saremmo in grado di azzerare le emissioni nette entro il 2050, come previsto dagli Accordi di Parigi (COP21).
Un’analisi Morningstar Sustainalytics rivela che la temperatura del globo crescerebbe di 2,95 gradi sopra i livelli pre-industriali, mentre gli Accordi di Parigi prevedono di limitare l'aumento della temperatura media globale ben al di sotto di 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e proseguire gli sforzi per contenere l’incremento a 1,5 °C.
Se guardiamo alle aziende che compongono l’indice europeo Eurostoxx 50, la situazione è ancora più drammatica, con un incremento medio di 3 gradi.
Il dato è ottenuto facendo la media dei punteggi di allineamento alla traiettoria Net Zero dei singoli emittenti. In pratica, i ricercatori misurano quanto le emissioni di gas serra che hanno proiettato nel futuro, sulla base delle emissioni passate e una serie di assunzioni macroeconomiche e di sviluppo tecnologico, siano al di sopra o al di sotto rispetto a un budget che permetterebbe loro di raggiungere il target di azzeramento entro il 2050. Il risultato di tale analisi è espresso in “Aumento implicito della temperatura”.
L’analisi di Morningstar Sustainalytics rivela che ad oggi nessuna impresa italiana (indice FTSE Mib) o europea (indice Eurostoxx50) ha in atto politiche low carbon che permetterebbero di raggiungere lo scenario Net Zero.
Facciamo un esempio concreto, la temperatura crescerebbe di 1,8 °C se l’economia globale si comportasse come STMicroelectronics in termini di processi di decarbonizzazione o di 1,7 gradi se seguisse la traiettoria di Iberdola o SAP. All’interno dell’universo analizzato, queste società sono le meglio posizionate, ma hanno, comunque, un “moderato disallineamento” rispetto allo scenario degli Accordi di Parigi.
«Al momento, secondo i nostri dati, soltanto il 25% delle aziende quotate in tutto il mondo si è prefissato obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2», dice Camilla Bossi, associate director di Morningstar Sustainalytics in Italia. “Al momento copriamo 5mila aziende. Entro fine anno supereremo quota 8mila”.
Cerchiamo di capire come viene calcolato il dato.
Gli analisti di Morningstar Sustainalytics valutano ogni segmento della catena del valore dell’emittente. In particolare:
- Emissioni Scope 1, ossia quelle derivanti da operazioni proprie dell’azienda
- Emissioni Scope 2, ossia quelle derivanti dall’uso dell’elettricità
- Emissioni Scope 3 (upstream e downstream), ossia quelle della catena del valore a monte e a valle dell’impresa.
I ricercatori calcolano il grado di esposizione alle emissioni di CO2 per ciascuna azienda, guardando al suo trend storico, quindi verificano cosa sta facendo il management per gestire queste emissioni (i piani per la transizione low carbon e la preparazione al cambiamento).
Dalla combinazione di questi due elementi (esposizione e gestione) nasce il Low Carbon Transition Rating, un indicatore basato sulla scienza e prospettico dell’allineamento allo scenario Net Zero entro il 2050. Il giudizio è espresso in due modi:
- Aumento implicito della temperatura (gradi centigradi)
- Grado di allineamento: in una scala che va da “allineato” (1,5 °C) a “severamente disallineato” (sopra i 4 °C).
Perché gli investitori sono interessati ai dati scientifici sulla transizione low carbon
Gli investitori si stanno rendendo conto che gli impegni e gli obiettivi Net Zero non si traducono necessariamente in un'azione efficace. Senza investimenti concreti, piani di transizione chiari e solide politiche di governance, gli impegni delle aziende non porteranno alla riduzione delle emissioni necessaria per centrare gli obiettivi Net Zero.
In sostanza, gli investitori pongono sempre più l’accento sulle azioni e le politiche societarie rispetto a quanto esse effettivamente inquinano attualmente. L’esposizione al rischio di transizione low carbon, però, differisce da settore a settore.
Quando i ricercatori valutano l'esposizione di un'azienda ai rischi low carbon, sono interessati al potenziale impatto delle sue attuali emissioni in relazione al suo carbon budget, che dipende dal settore e dall’area geografica in cui opera, oltre che dalla quota relativa delle sue emissioni sul totale. Alcune aziende hanno un'esposizione intrinsecamente maggiore al rischio carbonio per il tipo di attività, mentre alcuni tipi di operazioni (ad esempio le società del carbone) semplicemente non sono compatibili con uno scenario Net Zero.
Il settore di appartenenza è rilevante anche nella valutazione delle politiche di gestione della transizione low carbon. Ad esempio, un indicatore importante per le banche è la quota di prestiti destinata a investimenti green; mentre per le compagnie petrolifere un dato di rilievo riguarda i programmi per la gestione del metano.
Avere un punteggio di gestione della transizione elevato non equivale a essere un'azienda eco-friendly. Tuttavia, indica che la società dispone di strutture di governance e di programmi di gestione dei rischi low carbon. Al contrario, avere un punteggio di gestione basso implica che è inadeguata e può essere esposta ai pericoli di maggiori emissioni future.
Le analisi di Morningstar Sustainalytics rivelano che le aziende a livello globale presentano punteggi di gestione della transizione tra 40 e 50, ossia piuttosto lontani rispetto a quella che viene definito un solido management (sopra i 60 punti).
Telecomunicazioni, utilities, prodotti per la casa, auto e costruzioni sono le industrie con la più alta porzione di società che hanno management score elevati ai fini del calcolo del Low Carbon Transition Rating. Nonostante le buone performance, molte aziende al loro interno hanno ancora ampi margini di miglioramento. Ad esempio, solo il 25% delle telecom ha un management score elevato. Per l’industria automobilistica, tale numero scende al 22%.
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