Dentons - L’UE intensifica gli interventi per contrastare il greenwashing

L’UE intensifica gli interventi per contrastare il greenwashing con la Direttiva 2024/825 e la Green Claim Directive. Le aziende dovranno dotarsi di un processo interno per la raccolta dati e la comunicazione delle asserzioni ambientali.



Davide Traina, partner Dentons, Litigation and Dispute Resolution, 28 Giu 2024 - 14:50
Dagli studi condotti dalla Commissione Europea nel 2014 (*1)  e nel 2020 (*2) , è emerso che il 53,3% delle asserzioni ambientali delle imprese fornisce informazioni vaghe, ingannevoli o infondate in merito alle caratteristiche ambientali dei prodotti nell'UE. Peraltro, l’analisi delle asserzioni ambientali condotta nel 2020 ha dimostrato che il 40% di esse non era scientificamente comprovato.

A febbraio 2024, l’Unione Europea ha pubblicato la direttiva (UE) 2024/825 sulla responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde mediante il miglioramento della tutela dalle pratiche sleali e dell'informazione.

La Direttiva ha introdotto norme specifiche a tutela dei consumatori volte a contrastare le pratiche commerciali sleali associate all’obsolescenza precoce dei beni, le asserzioni ambientali ingannevoli, le informazioni ingannevoli sulle caratteristiche sociali dei prodotti o delle imprese degli operatori economici, o ancora i marchi di sostenibilità non trasparenti e non credibili, modificando la Direttiva 2005/29/CE in materia di pratiche commerciali sleali e la Direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori.

Nello specifico, la Direttiva (UE) 2024/825 ha identificato un elenco di pratiche commerciali associate al greenwashing che sono considerate in ogni caso sleali e ha altresì modificato l’art. 6, paragrafo 1, della Direttiva 2005/29/CE riguardante le pratiche commerciali considerate ingannevoli in base a una valutazione caso per caso, aggiungendo le caratteristiche ambientali e sociali e gli aspetti relativi alla circolarità all’elenco delle caratteristiche principali del prodotto.

Inoltre, l'elenco di cui all'articolo 6, paragrafo 2, della Direttiva 2005/29/CE, è stato modificato per includere la pratica consistente nel “formulare un'asserzione ambientale relativa alle prestazioni ambientali future senza includere impegni e obiettivi chiari, oggettivi e verificabili e senza un sistema di monitoraggio indipendente”.

La Direttiva (UE) 2024/825 vieta poi, in quanto pratica commerciale sleale, l'esposizione di marchi di sostenibilità non basati su un sistema di certificazione o non stabiliti da autorità pubbliche.

Infine, la nuova disciplina mira a garantire ai consumatori una corretta informazione riguardo ai profili della durabilità e riparabilità del prodotto intervenendo sulla normativa prevista dalla 2011/83/UE.

Gli Stati membri dovranno dunque adottare le misure necessarie per conformarsi alla nuova disciplina entro il 27 marzo 2026.

Un ulteriore fondamentale sforzo normativo intrapreso dall’Unione Europea per combattere il fenomeno del greenwashing è rappresentato dalla c.d. Green Claims Directive proposta dalla Commissione nel marzo 2023.

La direttiva stabilisce dei requisiti minimi per la comunicazione e la verifica delle indicazioni ecologiche fornite ai consumatori nell'UE, lasciando impregiudicate le altre normative dell'Unione che stabiliscono le condizioni per le asserzioni ambientali relative a determinati prodotti o settori.

La Green Claims Directive imporrà alle aziende di comprovare le proprie dichiarazioni ambientali, fornendo dati attendibili a supporto, e introdurrà regole più severe per l'approvazione delle etichette ambientali

Una volta entrata in vigore, le aziende con sede nell'UE e quelle con sede al di fuori dell'UE che forniscono dichiarazioni ambientali ai consumatori dell'UE dovranno dotarsi di un solido processo interno per la raccolta dei dati ecologici e la comunicazione delle asserzioni ambientali.

In attesa dell'emanazione della direttiva e del suo successivo recepimento in ogni Paese membro, vale peraltro la pena notare che le controversie sul greenwashing sono aumentate in modo esponenziale. Nell'UE e, in particolare, in Italia, ci sono già alcuni segnali che indicano che il contenzioso su questi temi – anche attraverso una procedura di class action – potrebbe registrare un aumento significativo nel breve periodo.


(*1) Commissione europea, Consumer Market Study on Environmental Claims for Non-Food Products, 2014
(*2) Commissione europea, Environmental claims in the EU: Inventory and reliability assessment Final report, 2020. 


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