I paradisi fiscali
Le caratteristiche e la mappa dell'OCSE
FTA Online News, Milano, 03 Lug 2009 - 12:34
Con l’espressione “paradiso fiscale” si fa riferimento a Stati o territori autonomi nei quali il prelievo fiscale sui redditi è comparativamente assai ridotto o del tutto assente, consentendo quindi notevoli risparmi a quei soggetti (persone singole o imprese) che vi stabiliscono la residenza o la sede legale.
In genere si tratta di piccoli stati, per i quali i proventi delle attività correlate alla registrazione delle società e all’intermediazione finanziaria costituiscono una parte cospicua delle entrate.
Questo trattamento (regime di tassazione molto basso o nullo) solitamente è riservato anche ai non residenti (che finiscono per ottenere un regime fiscale simile a quello dei residenti, se non più vantaggioso) al fine di attrarre gli investimenti ed i risparmi di questi ultimi che possono così sfuggire all’imposizione fiscale del Paese nel quale risiedono.
Tra i paradisi fiscali sono inclusi anche centri finanziari meglio noti come “offshore” ossia Stati e territori che accolgono banche, compagnie di assicurazione e gestori di fondi (in particolare hedge funds, i fondi speculativi), senza imporre alcuna regolamentazione fiscale.
Il Legislatore italiano considera paradisi fiscali quei Paesi nei quali il livello di tassazione è inferiore di almeno il 30% rispetto al livello medio applicato in Italia.
Un paradiso fiscale è caratterizzato da:
- assenza o limitata imposizione fiscale che permette al contribuente di uno Stato di trasferirvi i propri flussi reddituali con una riduzione del carico fiscale;
- assenza di trasparenza e di reciprocità nello scambio di informazione;
- elevato livello di sviluppo dei servizi finanziari off-shore.
Nei paradisi fiscali la particolare normativa riguardante la fiscalità, il settore bancario e/o finanziario consente di attirare grandi masse di capitale.
Grazie alla particolare elasticità e alla riservatezza dei loro servizi finanziari e bancari, i paradisi fiscali vengono di fatto utilizzati per occultare grandi patrimoni, ma anche per riciclare denaro proveniente da attività illecite e criminali (quali ad esempio il traffico internazionale degli stupefacenti o il commercio illegale delle armi). Regole particolarmente rigide sul segreto bancario consentono infatti di compiere transazioni coperte.
Inoltre le regole societarie consentono l’emissione di azioni al portatore, un numero ridotto di formalità, societarie e contabili, e regole favorevoli per la costituzione di società che offrono servizi finanziari (come ad esempio regole minime per ottenere licenze che consentano ai fondi di investimento di operare).
Viene considerato un paradiso fiscale anche Città del Vaticano per via del fatto che la banca vaticana non è sottoposta alle leggi internazionali sul controllo delle entità finanziarie e delle correlate raccomandazioni di organismi internazionali come l’Ocse.
Inoltre le principali società di compensazione europee – Clearstream (ex Cedel), Euroclear e SWIFT – sono considerate paradisi fiscali impropri, sulla base della possibilità di intestare a banche, o a grandi imprese, conti di corrispondenza anonimi a loro discrezione. La traccia delle operazioni effettuate su questi conti, e a volte il conto stesso, viene cancellata in giornata (in genere entro un’ora dalla conclusione della transazione).
Nel 2000 il Fondo Monetario Internazionale aveva calcolato che il peso finanziario dei paradisi fiscali si aggirava intorno ai 1.700 miliardi di dollari. Questa cifra è stata rivista a 11.500 miliardi di dollari nel 2005 dalla Rete mondiale per la giustizia fiscale. In ogni caso si calcola che più del 50% dei flussi finanziari mondiali transitino per i paradisi fiscali. Si tratta di attivi finanziari relativi a 4.000 banche, 2.000 fondi speculativi e circa 2 milioni di società fittizie.