Il Caso British Petroleum

La compagnia petrolifera British Petroleum dovrà pagare una multa record per disastro ambientale



FTA Online News, Milano, 04 Gen 2013 - 11:10

4,5 miliardi di dollari. E’ la multa record che la compagnia petrolifera British Petroleum dovrà pagare per il disastro ambientale provocato nel 2010 nel Golfo del Messico. Si tratta della più alta mai data negli Stati Uniti ad una società, superiore anche a quella della casa farmaceutica Pfizer nel 2009 dopo l’accusa di frode relativa al farmaco antidolorifico Bextra.

Era il 20 aprile 2010 quando l’esplosione del pozzo di Macondo, a 1.500 metri di profondità, causò l’affondamento della piattaforma Deepwater Horizon, situata a 50 miglia dalle coste della Louisiana. Per cercare di contenere la fuoriuscita di petrolio BP adottò inizialmente una “cupola di riferimento”, che però non bloccò lo sversamento. La società britannica diede così il via all'operazione "Top Kill", ovvero cercò di inserire un tubo nel pozzo per iniettare cemento e fermare la falla. Anche questo intervento però non andò a buon fine, a causa del troppo materiale che usciva insieme al petrolio. Nel giugno 2010 si procedette con l’ultima operazione: fu tagliato il tubo al di sotto dell'ultima falla e dopo fu posato un tappo ad imbuto per convogliare il greggio in una petroliera ancorata in superficie.

Fu un incidente con conseguenze umane ed ambientali drammatiche: 11 persone persero la vita, 17 rimasero ferite e milioni di barili di greggio furono riversati nel Golfo del Messico per oltre 87 giorni. Una marea nera che uccise la flora e la fauna lungo le coste di Alabama, Florida, Mississipi e Lousiana, oltre a quelle del fondale marino. La pesca venne proibita per diversi mesi, causando un ingente danno economico alla regione. Le indagini che seguirono scoprirono che l'allarme per la fuga di petrolio era stato disattivato mesi prima.

La BP ha ammesso la colpevolezza, soprattutto di aver negato la reale entità della fuoriuscita di greggio dichiarando un valore 12 volte inferiore a quello effettivo. Oltre alla società inglese il governo americano ha citato in giudizio la Transocean, proprietaria della piattaforma ed il gruppo Halliburton. BP a sua volta ha fatto causa alla Transocean per danni, chiedendo un rimborso di 40 miliardi di dollari.

Non tutte le controversie però sono state risolte. La BP ha ancora aperto un contenzioso con gli Stati del Golfo del Messico, così come non sono stati ancora decisi i risarcimenti per i  soccorritori che nei mesi successivi all’incidente si ammalarono per aver inalato sostanze tossiche; da stabilire infine il rimborso per i proprietari di case, barche, allevamenti, casino’, ippodromi e compagnie di assicurazioni che hanno subìto ulteriori danni dalla moratoria alle trivellazioni imposta da Washington.

Ma non è finita qui. La sentenza pronunciata dall’Epa, l’Agenzia per la protezione ambientale degli Usa ha vietato al gruppo petrolifero britannico di gareggiare per l’assegnazione di licenze esplorative in Texas; una riserva che potenzialmente potrebbe produrre 200 milioni di barili. La società inoltre non potrà partecipare al bando di contratti pubblici negli Stati Uniti fino a quando non avrà chiarito che tipo di condotta intende adottare perchè tragedie come quella di Deepwater Horizon non accadano mai più. Il disastro del pozzo di Macondo rimarrà, con grande probabilità, una macchia nera indelebile nell’immagine della BP.


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