Il Dumping
La vendita di un bene o di un servizio su un mercato estero ad un prezzo inferiore rispetto al mercato di esportazione
FTA Online News, Milano, 10 Set 2013 - 10:33
Il Dumping indica la vendita di un bene o di un servizio su un mercato estero ad un prezzo inferiore rispetto a quello che ha il medesimo prodotto sul mercato di esportazione.
Attualmente le vendite in dumping sono regolarizzate dalle norme previste dall’organizzazione Mondiale del Commercio del 1994 e contemplate dal diritto comunitario a tutela della libera concorrenza, in quanto possono determinare forti distorsioni sul mercato d’importazione a favore o contro produttori dello stesso bene che operano sul medesimo mercato. Il Dumping può manifestarsi sotto diversi aspetti; sempre più rilevanza sta assumendo quello definito "sociale", che si concretizza quanto viene venduto sul mercato straniero qualcosa ad un prezzo più basso di quello normale perché è stato prodotto ad un costo inferiore. Questo avviene soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, dove i lavoratori vengono sottopagati e sfruttati e che conseguentemente producono merci a condizioni di costo particolarmente competitivo.
L’8 luglio si sono aperti i negoziati per un accordo di libero scambio tra Stati Uniti ed Unione Europea, il Transatlantic Trade and Investment Partnership. Un accordo che se raggiunto porterebbe alla rimozione di tutte le barriere doganali e ai regolamenti tra Usa e Ue. Uno dei punti più difficili da dirimere sarà quello relativo alla regolamentazione dei servizi finanziari, perché il Governo teme che la sua realizzazione consentirebbe alle banche americane di aggirare le norme della Dodd Frank Act, la riforma varata da Barack Obama nel 2010.
Si avvia intanto ad una conclusione il contenzioso tra Cina ed Unione Europea sui pannelli solari. Nel 2012 la Cina aveva esportato verso l’Unione Europea pannelli solari per 12 gigawatt, a prezzi che avevano fatto subito scattare l’allarme antidumping a Bruxelles. Lo scorso 4 giugno l’Unione Europea ha così introdotto un dazio dell’11,8% sui pannelli cinesi, che salirà automaticamente al 47% se entro i primi di agosto non verrà trovato un accordo.
La risposta dell’ex Impero Celeste non si è fatta attendere. Il colosso del fotovoltaico Yingli Green Energy ha affermato che i dazi provvisori, equivalgono a tariffe punitive e porteranno inevitabilmente ad un aumento dei prezzi e alla conseguente stagnazione dell’industria fotovoltaica in Europa. Ma la reazione di Pechino non si è fermata qui. La Cina ha infatti avviato un’indagine, da lei stessa definita adeguata, sul vino europeo, facendo temere lo scoppio di una vera e propria "guerra commerciale". Pechino ha avviato l’inchiesta dopo le lamentele di alcuni produttori nazionali; il vino europeo è infatti sempre più diffuso nel Paese asiatico tra le classi benestanti, soprattutto quello proveniente da Francia, Italia e Spagna.
Salvo sorprese dell’ultimo minuto si sarebbe quasi raggiunto un accordo tra Cina e Ue sul prezzo minimo per gli imprenditori asiatici del fotovoltaico che superi i costi di produzione, unitamente ad un tetto sulle esportazioni. Quest’ultime non dovranno superare i 10 gigawatt, pari alla metà della produzione annua cinese, ad un prezzo minimo di 0,5 euro per watt. All’interno di queste tariffe, le esportazioni cinesi di moduli fotovoltaici dovrebbero essere totalmente esenti da tasse, o quantomeno ridotte al minimo.