Crisi del ’29: cause e conseguenze della Grande Depressione
Storia e caratteristiche della crisi del ’29: quali furono le cause e le conseguenze della crisi economica e le misure adottate per la ripresa: il New Deal
FTA Online News, Milano, 25 Mag 2020 - 12:03
La crisi del ’29: cosa è e quando si sviluppò
Con i termini “Grande depressione”, “Crisi del ’29” o “Crollo di Wall Street” ci si riferisce alla crisi economica che alla fine degli anni Venti colpì l’economia mondiale riducendo su scala globale produzione, occupazione, redditi, salari, consumi e risparmi. L’inizio della grande depressione coincide con il pesante crollo che si abbatté sulla Borsa di Wall Street, da molti individuato più come un segnale che come una causa della depressione, il 24 ottobre del 1929 (il cosiddetto giovedì nero) quando circa 13 milioni di azioni furono vendute provocando un ribasso dell’indice superiore ai 50 punti percentuali.
Pochi giorni dopo, lunedì 28 ottobre ed il giorno successivo, martedì 29 ottobre, ricordato come il martedì nero, l’America assistè inerme al crollo del New York Stock Exchange con più di 16 milioni di azioni che passarono di mano a prezzi in caduta verticale.
Quali furono le principali cause della crisi del ‘29
La mancata crescita del potere d’acquisto nonostante l’incremento di produttività e investimenti, la politica monetaria della Fed e la continua espansione del credito attraverso tassi artificialmente bassi e l’eccesso di prestiti a carattere speculativo vengono considerate tra le principali cause della crisi culminata nel crollo di Wall Street il 29 ottobre 1929 (-43%).
Come si arrivò alla crisi del ‘29
Negli anni successivi alla Grande guerra gli Stati Uniti conobbero un vero e proprio boom grazie alla fiorente industria automobilistica e all’alta produttività, dovuta anche alla razionalizzazione dei processi produttivi attraverso l’adozione di un’organizzazione del lavoro scientifica (il cosiddetto Taylorismo), che permetteva di mantenere inalterati prezzi e salari favorendo investimenti e quindi di conseguenza produttività.
L’esistenza di risparmi cumulati e l’assenza di limiti alle attività speculative crearono le condizioni per un ampio ricorso al credito da parte degli investitori e spinsero questi ultimi, insieme alle banche, alla speculazione in Borsa. Dal 1920 al 1929 gli investimenti azionari triplicarono il loro volume e gli indici di borsa salirono, dal 1926 al 1929, da 100 a 216, ma all’aumento del valore delle azioni industriali tuttavia non corrispondeva un effettivo aumento della produzione e della vendita dei beni.
La speculazione non fu comunque l’unica causa del grande crollo. Parte della crisi viene infatti addossata alla caduta dei prezzi dei prodotti agricoli avvenuta in conseguenza dell’enorme accumulazione delle scorte rimaste invendute a seguito del miglioramento della produzione agricola dei paesi europei; per cui si videro tonnellate di grano e di caffè rovesciate in mare o date alle fiamme nel tentativo di far risalire i prezzi. L’accumulo delle scorte che impedì agli agricoltori, fortemente indebitati, di corrispondere alle banche gli interessi per le somme avute in prestito e la speculazione furono dunque tra le cause che portarono allo scoppio della crisi.
Conseguenze della crisi del ‘29
L’uscita dal mercato attraverso la vendita in massa di titoli, soprattutto da parte della borghesia che nei primi anni venti aveva stimolato con i propri acquisti la produzione ed il consumo di beni durevoli, provocò il crollo di Wall Street.
A subirne le conseguenze furono proprio le industrie di beni di consumo durevoli come quelle dell’auto che dovettero tagliare le loro commesse verso aziende appartenenti alla stessa filiera, abbassare i salari (con grave pregiudizio dei consumi) e ridurre il personale. La contrazione dei consumi provocata dal taglio dei salari provocò l’espandersi della crisi dal settore industriale a quello agricolo arrecando danni ad un settore primario già fortemente indebolito.
Poiché il settore industriale era poi legato al settore bancario che manteneva bassi i tassi per favorire gli investimenti sul mercato azionario, quando, al momento del crollo di Wall Street i piccoli risparmiatori si precipitarono negli istituti di credito per ritirare il loro denaro, il mercato andò incontro ad una crisi di liquidità contribuendo al fallimento di molte banche e, a catena, delle industrie in cui esse avevano investito.
La produzione industriale scese del 50% e i fallimenti ed i licenziamenti portarono alla crisi dei consumi contribuendo ad alimentare un circolo vizioso che condusse l’economia statunitense in una fase di arresto.
Quali misure vennero prese negli Stati Uniti per contrastare la crisi del ’29
Le soluzioni proposte per contrastare la grande crisi si limitarono inizialmente allo stimolo della spesa in opere pubbliche e alle manovre di pressione nei confronti degli industriali per non ridurre i salari, con la creazione di corporazioni allo scopo di sostenere e stabilizzare i prezzi in forte caduta opponendosi all’inizio a misure di tipo deflazionistico.
Tra le misure prese negli USA vi fu anche la contrazione del commercio internazionale e l’adozione di dazi verso i prodotti provenienti dall’estero. Il presidente Herbert Hoover allora in carica non adottò un programma di assistenza affidando tutto ai governi federali e all’assistenza privata.
New Deal: il piano Roosvelt e la ripresa dalla Crisi del ’29
La ripresa avvenne nel 1933 con l’elezione a presidente degli Stati Uniti, il 4 marzo 1933, di Franklin D. Roosevelt. Roosvelt adottò un programma di riforme economiche e sociali fra il 1933 e il 1937, conosciuto con il nome di New Deal (nuovo metodo) consistente nei seguenti punti:
- l’abbandono della parità aurea e la svalutazione del dollaro nella misura del 40% per ridurre i debiti e facilitare le esportazioni;
- un vasto piano di lavori pubblici per riassorbire la disoccupazione;
- un completo sistema di assicurazioni sociali a vantaggio delle classi lavoratrici e una maggiore tassazione dei ceti abbienti;
- un aumento dei salari;
- la riduzione delle ore lavorative nelle fabbriche;
- l’obbligo agli imprenditori di riconoscere i sindacati operai e di trattare con essi;
- il controllo del sistema bancario, della Borsa e del mercato azionario.
La svalutazione del dollaro autorizzata dal Congresso stimolò la spesa pubblica e il programma di riforme economiche e sociali attuato fra il 1933 e il 1937, conosciuto con il nome di New Deal, contribuì a far uscire gli Stati Uniti da uno dei periodi più bui della storia.
Stimolando la spesa pubblica attraverso un vasto programma di interventi Roosvelt riuscì a occupare forza lavoro disoccupata, spingendo così la domanda di beni di consumo che permise di riavviare il processo produttivo. Roosvelt inoltre sostenne gli agricoltori attraverso il controllo della produzione riducendo il terreno coltivato e concedendo sussidi.
La Tennessee Valley Authority e il NIRA (National Industrial Recovery Act) promossero la creazione di grandi opere pubbliche, linfa per il settore privato e per la forza lavoro, mentre l'Agricultural Adjustement Act, la Civil Work Administration, nonché il Wagner Act (importante riconoscimento dei sindacati) furono altre misure adottate per tamponare la crisi e restituire vitalità ad un settore vessato dalla stagnazione.