I coco bond

Le obbligazioni ibride convertibili che in determinate condizioni si trasformano in azioni, in capitale della banca che li ha emessi



FTA Online News, Milano, 27 Apr 2012 - 10:27

Fra gli strumenti di rafforzamento del capitale delle banche in chiave anticiclica di cui l’ultima crisi ha mostrato drammaticamente l’esigenza meritano sicuramente una particolare attenzione i coco bond, ossia i COnvertible COntingent Bond.
Si tratta in pratica di obbligazioni ibride convertibili che, in determinate condizioni, si trasformano in azioni, quindi in capitale della banca che li ha emessi, alleggerendone sostanzialmente l’esposizione debitoria.

I Coco bond sono dunque dei debiti che diventano capitale all’occorrenza, quando, per esempio, il core tier 1 ratio, il maggiore indicatore della solidità patrimoniale delle banche, scivola sotto una soglia prefissata. In cambio di questo maggiore rischio che viene addossato all’investitore sono previsti dei rendimenti più elevati.

Un esempio può sicuramente chiarire il funzionamento di questi strumenti ibridi di capitale, ossia di questi titoli posti a metà tra debito e patrimonio.
Una grossa banca britannica ha emesso dei titoli di questo tipo qualche tempo fa ponendo una scadenza a 10 anni e attribuendo alla cedola un premio dell’1,5-2,5% sul tasso d’interesse degli altri titoli corrispondenti (circa il 10,15%).

La conversione obbligatoria scatterebbe in caso di riduzione del core tier 1 ratio al di sotto del 5 per cento. Ora il core tier 1 ratio è la percentuale di capitale primario (soprattutto il capitale versato dai soci più eventuali utili o meno eventuali perdite) in rapporto alle attività ponderate per il rischio: rappresenta dunque in un certo senso il rapporto tra il capitale puro, che può essere utilizzato in caso di crisi per far fronte a esposizioni a rischio e a eventuali perdite, e i prestiti che la banca ha concesso, maggiore è questo rapporto maggiori sono le riserve anti-crisi dell’istituto.

Nel caso in cui una congiuntura particolarmente sfavorevole eroda il core tier 1 ratio sotto il 5% delle attività ponderate per il rischio scatta la conversione dei coco bond in questione che si trasformano in azioni della banca e quindi in capitale rafforzando l’istituto.

Naturalmente l’immissione automatica di titoli sul mercato può diluire il valore delle azioni stesse che probabilmente subiranno dei ribassi in un momento in cui la stessa banca si trova sotto stress, ma dal punto di vista patrimoniale l’istituto si troverà rafforzato.

Si tratta dunque di strumenti rischiosi riservati in genere agli investitori istituzionali che, in caso di conversione, potrebbero subire notevoli perdite. D’altronde, secondo alcuni osservatori, la stessa natura dei Coco bond potrebbe incoraggiare il management a tenere nella debita considerazione la situazione patrimoniale delle banche che gestiscono in modo da scongiurare delle conversioni obbligatorie dei titoli che sicuramente genererebbero delle proteste da parte dei soci (vecchi e nuovi).

Già diverse decine di miliardi di euro di Coco bond sono presenti sul mercato e un report dell’agenzia di rating Standard&Poor’s stimava in mille miliardi di dollari la possibile dimensione di questo mercato nel futuro. Di recente in realtà la domanda di questi strumenti, almeno da parte delle compagnie assicurative, non è stata particolarmente forte, va, però, evidenziato che il concetto di capitale contingente, ossia di un capitale come quello dei coco bond che per le banche diventa disponibile solo in caso di stress, è uno dei punti più importanti della nuova riforma di Basilea III.


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