Bad company
Che cos'è e perchè il caso Alitalia ne è un esempio rappresentativo
FTA Online News, Milano, 09 Apr 2009 - 16:44
Tradotto letteralmente il termine “bad company” significa “cattiva compagnia”. Già utilizzato per il caso Parmalat il termine è stato rispolverato in occasione della vicenda di privatizzazione di Alitalia.
Come nel caso della bad bank si procedeva alla creazione di un veicolo societario in cui far confluire gli asset “tossici” di una banca suddividendo quest’ultima in due tronconi, una parte “buona” (good bank) e una “cattiva” (bad bank) così una società può essere suddivisa in due differenti compagnie (good e bad company). Nella prima verranno convogliati tutti gli attivi (strutture, crediti), mentre nella seconda i passivi.
Il caso Alitalia
Un caso emblematico di questa tipologia di operazioni resterà quello legato alla vicenda di Alitalia che rappresenta uno storico episodio di salvataggio di una compagnia attraverso lo spezzettamento e la separazione delle attività buone da quelle cattive.
Già a partire dal 2004 il gruppo Alitalia era composto da due rami d’azienda rappresentati dalla AZ Fly, che si occupava delle attività di volo, e dalla AZ Servizi, responsabile delle attività di terra.
Nel 2006 venne presa la decisione da parte del Governo Prodi di cedere la compagnia di volo italiana attraverso la cessione, poi naufragata, del 39,9% del capitale azionario obbligando così un eventuale compratore ad un’Opa.
Per il secondo tentativo di privatizzazione si dovrà attendere fino al 2007 con la manifestazione di interesse da parte di Air France-Klm, già partner di Alitalia con il progetto SkyTeam dal 2001. A marzo del 2008 la compagnia aerea italiana decide di accettare l’offerta vincolante di Air France del valore di 1,7 miliardi e investimenti per oltre 700 milioni. Nel caso di adesione all’offerta il Ministero dell’Economia avrebbe ottenuto una quota dell’1,4% nel capitale del gruppo e un consigliere nel suo CdA.
Ad aprile però il mancato accordo tra le parti apre la strada a una cordata di imprenditori italiani attraverso la Compagnia Aerea Italiana nata all’inizio come S.r.l e capitanata da Roberto Colaninno e da Intesa Sanpaolo con il ruolo di advisor. Il progetto di privatizzazione denominato “Piano Fenice” prevede la costituzione di una nuova società in cui far confluire una parte della vecchia compagnia, procedendo nel contempo al commissariamento del vecchio gruppo che resta allo Stato, con i relativi rischi di rivalsa da parte dei creditori in seguito ad alcune avvenute modifiche alla Legge Marzano sulla “Procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi”.
La Compagnia Aerea Italiana, nota anche con l'acronimo CAI, che rappresenta in questo la "good company" nasce con il proposito di rilevare il marchio e le attività della vecchia Alitalia e di Air One, in particolare gli aerei e gli slot, lasciando i debiti alla vecchia compagnia che sarà commissariata.
La CAI acquista quindi parte degli asset, insieme al marchio industriale, da Alitalia - Linee Aeree Italiane S.p.A. per poco più di un miliardo di euro.
All’inizio del 2009 anche Air France-KLM rientra nella partita acquistando il 25 % di CAI per 322 milioni di euro in seguito ad un accordo che prevede la creazione di un sistema multi-hub a livello europeo.