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Borsa Italiana in crisi con regulatory e listing shopping. Ora la sfida è riformare il TUF

News Image (Teleborsa) - Le crisi globali che hanno colpito duramente i mercati dei capitali in tutto il mondo hanno avuto un impatto significativo anche sulla Borsa Italiana. In realtà, il mercato italiano ha vissuto un declino costante nel tempo, con un numero significativo di aziende che hanno scelto di delistarsi e un numero modesto di nuove quotazioni. Il risultato di questo processo emerge nella diminuzione sia del numero delle società quotate che della capitalizzazione di mercato del mercato italiano. Lo ricorda Assonime, l'associazione per le società per azioni italiane, nel rapporto sulla corporate governance.

Negli ultimi anni alcune importanti aziende italiane hanno deciso di accedere a borse internazionali più dinamiche (listing shopping) o di trasferire la propria sede legale all'estero per beneficiare di un quadro istituzionale più favorevole alla quotazione (forum shopping).

Da un lato, il numero delle società nazionali quotate su Euronext Milan (il mercato regolamentato italiano, EXM) è sceso da 228 di fine 2014 a 202 di fine 2022 (in diminuzione anche rispetto al 2021 quando erano 210) con un saldo negativo tra nuove ammissioni e cancellazioni in tutti gli anni tranne che nel 2017 e 2018. Anche nel 2023 il saldo è rimasto negativo, confermando il trend degli ultimi anni. Negli ultimi dieci anni la capitalizzazione di mercato delle società delistate è stata pari a circa 125 miliardi di euro (più di un terzo concentrato nel 2022), mentre il valore delle nuove società quotate è stato pari a circa 70 miliardi di euro, con un deflusso netto di circa 55 miliardi di euro.

D'altro canto, una quota significativa e crescente della capitalizzazione della Borsa italiana è rappresentata da società estere, cioè da imprese che hanno spostato la propria sede legale in un altro Stato membro dell'Unione Europea: al 2023, le società straniere quotate su Euronext Milan rappresentavano circa il 26% delle capitalizzazione di mercato complessiva (6% nel 2012) e il 30% delle large cap incluse nell'indice FTSE MIB (7% a fine 2021). L'effetto è molto più pronunciato se consideriamo solo le società private non finanziarie: a fine 2022 il peso delle società estere sulla capitalizzazione di mercato totale era di circa il 44% (17% nel 2012)

Sebbene il regulatory shopping sia un fenomeno diffuso, appare molto più significativo in Italia, dove solleva sfide significative per i policy maker (anche di autodisciplina), considerando che le misure specifiche, volte a stabilire il livello di protezione degli investitori fissato dalle norme disciplina italiana, si applicano ad un bacino sempre più ristretto di imprese italiane. Allo stesso tempo, gli investitori risentono negativamente, in termini di opportunità mancata, anche del cosiddetto listing shopping, con un numero crescente di aziende italiane che accedono ai mercati dei capitali quotandosi sulle principali piazze finanziarie internazionali (ad esempio New York), che offrono un mercato e un ecosistema normativo più competitivi, in particolare per le imprese medio-grandi e/o in rapida crescita.

"Nel lungo periodo, questi fenomeni potrebbero incidere ulteriormente sull'efficienza e sull'attrattività del mercato italiano, con ricadute sulle imprese più piccole e strutturalmente meno capaci di sfruttare le opportunità della mobilità internazionale", sottolinea Assonime.

Secondo il rapporto, queste caratteristiche strutturali e normative sono state perpetuate e addirittura accresciute dall'evoluzione dell'approccio normativo, dove l'obiettivo della competitività è stato sostituito da un atteggiamento "iperprotettivo" con l'imposizione di un sistematico gold-plating delle regole armonizzanti europee e il mantenimento di un sovrabbondante insieme di regole peculiari, in particolare per quanto riguarda la corporate governance delle società quotate

Le tendenze di cui sopra riflettono la necessità per il mercato italiano di affrontare queste sfide strutturali per migliorare la propria competitività. In quest'ottica, l'occasione di provvedere ad un generale miglioramento del quadro normativo nazionale potrebbe decollare con la cosiddetta Legge Capitali, che già prevede alcune misure volte a migliorare la competitività del sistema italiano (ad esempio la possibilità di introdurre azioni a voto plurimo o a voto maggiorato con un rapporto massimo di 10 voti per azione), e, in particolare, con l'articolo 19 che contiene un'ambiziosa legge delega per una riforma globale del diritto societario italiano e, in particolare, del Testo Unico della Finanza (TUF) da completarsi entro la prima metà del 2025.

(Teleborsa) 06-06-2024 14:20


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