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Forum Ambrosetti: no pessimismo, ma sulla Ue pesano incertezze guerra e debolezza Germania - FOCUS

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Cernobbio, 06 set - Inevitabilmente sono gli sviluppi della situazione internazionale e in particolare la drammatica prosecuzione della guerra in Ucraina al centro delle prime riflessioni avviate nella prima giornata del Forum Ambrosetti. Non a caso oggi e' arrivato il presidente ucraino Zelensky per un confronto con la comunita' del business. La valutazione dell'andamento dell'economia dipende da quanto accade a livello politico globale: l'incertezza - totale - su quest'ultimo rende difficile se non impossibile prevedere come andra' l'economia con un margine di accettabile solidita'. Le indicazioni che si ricavano dalle stime delle principali istituzioni internazionali, delle principali banche commerciali e di investimento sono tutto sommato abbastanza rassicuranti: l'Eurozona nel 2025 quasi raddoppierebbe la crescita del pil di quest'anno (1,4% contro 0,8%), ma gli Usa rallenterebbero significativamente il ritmo (1,7% contro 2,4%) e cosi' la Cina, che passerebbe da una crescita del pil del 4,9% quest'anno a 4,4% l'anno prossimo.

Cosa, quest'ultima, che significa uno scossone pericoloso per il mercato europeo: piu' rallenta la domanda interna cinese piu' aumentano i flussi di produzioni cinesi. Ci si chiede sempre piu' insistentemente quanto valgano queste previsioni.

Sull'Europa sembra esservi meno pessimismo del solito. Anzi, c'e' chi parla di 'cauto ottimismo'. Anche un economista come Nouriel Roubini, che si e' sempre caratterizzato per indicare scenari nerofumo (recentemente ha parlato di Grande Catastrofe frutto della combinazione di collasso demografico, politiche nazionaliste anti-immigrazione, competizioni sempre piu' aspra tra Cina e il fronte dei suoi alleati) ha indicato che si tratta di un destino non ineluttabile. Tuttavia ha rilevato come la questione cinese debba restare al centro delle preoccupazioni globali.

In effetti, c'e' il rischio che si affermi una nuova fase di guerra commerciale. La stampa americana e' piena di articoli e allarmi in tal senso, in pieno clima elettorale (anche il voto negli Usa e' una variabile non da poco per l'economia).

I produttori di acciaio europei (Eurofer) hanno ricordato qualche giorno fa che in seguito alla crisi cinese cento milioni di tonnellate di produzione stanno inondando i maggiori mercati mondiali a prezzi di 'dumping' e cio' si combina con un eccesso di capacita' produttiva globale di 560 milioni di tonnellate. Dunque, massicce esportazioni a basso prezzo dalla Cina come da Corea, Medio Oriente, India e Giappone si stanno dirottando verso la Ue. Non c'e' solo la questione delle auto elettriche, dunque. Non a caso il ministro degli esteri Tajani ha informato la platea di rappresentanti d'impresa e della finanza del Forum Ambrosetti che l'Italia sta considerando Messico e Vietnam alternative come sbocco di esportazione di componenti auto viste le difficolta' del settore auto tedesco e per prepararsi all'elettrificazione, che magari con qualche frenata, ci sara'. 'Siamo consapevoli della situazione del settore auto tedesco e per questo stiamo studiando in quali mercati e' possibile rafforzare la presenza italiana', ha detto Tajani.

La Bce si appresta prossimamente (il 12 settembre) a un nuovo taglio dei tassi e gia' emergono le pressioni 'esterne' perche' sia evidente e coraggioso: se ne e' fatto latore il ministro degli esteri, che ha indicato la necessita' di una riduzione di mezzo percentuale e non di 0,25% (attualmente il tasso di riferimento centrale e' al 4,25%). Ma non bastera' la semplice manovra monetaria a dare tutte le certezze sulle prospettive economiche.

L'economia dell'Eurozona crescera', tuttavia a ritmi ritenuti del tutto insoddisfacenti. E' il grande tema al centro dell'agenda politica europea (lunedi' si scoprira' se le raccomandazioni contenute nel piano Draghi per la competitivita' potranno fare davvero la differenza a patto che i governi si assumino la responsabilita' di tradurle in azione). Ma l'Europa si trova in un momento molto delicato: mentre e' alle prese con un divario molto forte di competitivita' rispetto agli Stati Uniti e in una posizione di debolezza nei confronti della Cina da cui sta tentando un processo di 'de-risking' (riduzione della dipendenza) assai problematico, dal punto di vista economico ha attualmente perso il suo 'motore' di riferimento, la Germania. E dal punto di vista politico i due principali 'motori' dell'Unione europea, condizione di stabilita' e di solidita' dell'intero impianto istituzionale Ue, si trovano in panne: la Francia e la Germania.

Antonio Pollio Salimbeni - Aps

(RADIOCOR) 06-09-24 18:26:29 (0584) 5 NNNN

 


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