Cosa sono i Subprime?

Prestiti o mutui erogati a clienti definiti “ad alto rischio”



FTA Online News, Milano, 12 Ott 2007 - 10:31

I subprime sono prestiti o mutui erogati a clienti definiti “ad alto rischio”. Sono chiamati prestiti subprime perché a causa delle loro caratteristiche e del maggiore rischio a cui sottopongono il creditore sono definiti di qualità non primaria, ossia inferiore ai debiti primari (prime) che rappresentano dei prestiti erogati in favore di soggetti con una storia creditizia e delle garanzie sufficientemente affidabili.

Per definire un mutuo come subprime il sistema americano si basa su un punteggio di credito che classifica tutti i debitori in una scala compresa tra 300 e 850 punti. Negli Stati Uniti tutti coloro che hanno un punteggio di credito inferiore a 620 sono definiti dei debitori subprime. La storia creditizia di coloro che contraggono un prestito subprime presenta in genere delle peculiarità tipiche come due o più pagamenti effettuati oltre 30 giorni dopo la scadenza nell’anno precedente la richiesta del prestito, l’insolvenza di un mutuo negli ultimi due anni o la dichiarazione di bancarotta negli ultimi cinque.

Nel giugno del 2007 il Government Accountability Office, la “Corte dei conti” degli Stati Uniti, ha dichiarato che fra il 2001 e il 2005 la quota percentuale sulle erogazioni dei nuovi mutui residenziali dei clienti che si rivolgevano alle Agenzie federali per la casa era scesa dal 19 al 6 per cento. Una massa di clienti che nel tempo era migrata verso le offerte degli operatori privati del settore dei mutui subprime che, nello stesso periodo, avevano registrato una crescita proprio del 13 per cento e si erano quindi portati a ridosso del 20% del totale. Ad avvantaggiare il tracollo dei mutui di Stato a stelle e strisce sono state soprattutto le condizioni apparentemente più semplici ed elastiche per la concessione dei “mutui” da privati. In realtà, però, molti di questi nuovi contratti dovevano rivelarsi nel tempo assai svantaggiosi per la clientele.

Per esempio fra le varie tipologie di mutui subprime hanno avuto una certa diffusione i mutui con un tasso fisso iniziale che si converte nel tempo al tasso variabile ed è quindi ancorato al tasso d’interesse stabilito dalle banche centrali. Alcune formule prevedevano che per i primi due o tre anni il mutuatario subprime pagasse un tasso fisso che nel periodo restante (spesso dai 28 anni in su) diventava variabile. Si sono in questo settore registrati numerosi casi in cui un tasso d’interesse iniziale intorno al 4% finiva con gli aggiustamenti annuali per avvicinarsi al 10 per cento. Un simile incremento nel tasso d’interesse può portare la rata mensile che il debitore deve pagare a una crescita dell’85 per cento.

Nel settembre del 2007 la Mortgage Bankers’ Association, l’associazione statunitense delle banche che operano nel settore dei mutui, ha dichiarato che la quota dei mutui “subprime” in pignoramento ha raggiunto lo 0,65% toccando il massimo di tutti i tempi. Sempre secondo la Mba, i titolari di mutui subprime in ritardo con i pagamenti delle rate nello stesso periodo sarebbero balzati al livello di uno ogni sette mutui. In particolare i pagamenti in ritardo per i mutui concessi a persone a basso reddito e ad alto rischio d'insolvenza, sono saliti, nel secondo trimestre del 2007, al 14,82% del totale (dal 13,77% del trimestre precedente).

Nel 2006 i mutui subprime raccoglievano, soltanto nel mercato statunitense, circa 600 miliardi di dollari giungendo così a coprire circa il 20% del mercato dei mutui del Paese. Nel suo ultimo Global Financial Stability Report il Fondo monetario internazionale ha stimato in 200 miliardi di dollari le perdite registrate dal settore dei mutui subprime fra il febbraio e il settembre del 2007.

Inoltre il fenomeno dei subprime (che nel mondo anglosassone sono spesso chiamati anche “B-Paper”, “near-prime" o "second chance") si è allargato negli anni dal mondo dei mutui ipotecari a quello del consumo in genere e lo strumento di questa espansione è stato la carta di credito subprime. Rivolta anch’essa a debitori ad alto rischio di insolvenza la carta di credito subprime si è diffusa sempre di più nel mercato statunitense nel corso degli ultimi 15 anni e, dopo casi iniziali in cui bassi limiti di credito erano accoppiati a tariffe molto e elevate e a tassi d’interesse che superavano anche il 30 per cento, negli ultimi anni la maggiore concorrenza del settore ha avvicinato al 10% i tassi d’interesse applicati alle carte di credito subprime. Occore però in merito evidenziare che sono ancora molto diffuse sul mercato carte di credito subprime che presentano tassi superiori al 20 per cento.

Il motivo per cui le insolvenze dei titolari di mutui subprime si sono gradualmente spostate sulle banche e sui mercati finanziari generando forti cali delle borse mondiali risiede nei meccanismi di gestione del rischio connesso ai mutui ad alto rischio. Normalmente infatti la banca titolare di debiti ad alto rischio come quelli derivanti dai mutui subprime si tutela cartolarizzando questi debiti e rivendendoli ad altri investitori instituzionali. In genere l’elevato rischio connesso a questi prodotti è compensato da rendimenti molto superiori alla media, rimane però il rischio di un default che poi passi dalle famiglie, alle banche e al mercato.

Gli strumenti con i quali i mutui subprime americani sono stati cartolarizzati e rivenduti sono diversi. Uno degli strumenti più utilizzati negli Stati Uniti è stato quello degli Rmbs, i Residential mortgage backed securities. Letteralmente sono delle cartolarizzazioni garantite da mutui ipotecari residenziali e spesso si tratta di strumenti che hanno ricevuto dalle agenzie di rating (quelle che valutano e giudicano gli strumenti finanziari per gli investitori) delle promozioni a pieni voti.

Gli Rmbs sono una particolare forma di Abs cdo (Asset backed securities collaterized debt obbligation) ossia di obbligazioni emesse a fronte di crediti derivanti da cartolarizzazionni garantite da asset sottostanti (in questo caso le ipoteche e le case che le garantiscono). In altri termini le banche, con l’emissione di queste obbligazioni, hanno spalmato sul mercato degli investitori istituzionali e retail il rischio derivante dalle proprie esposizioni sui mutui subprime. In un secondo momento le insolvenze delle famiglie incapaci di pagare le rate crescenti del proprio mutuo ad alto rischio hanno generato una catena di perdite a vari livelli e si sono ripercorse sugli investitori che avevano acquistato le obbligazioni derivanti da queste cartolarizzazioni. In questo modo dalle famiglie le insolvenze si sono spostati sui mercati e hanno generato le forti perdite delle borse mondiali a cavallo della crisi dei mutui ad alto rischio.


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